La nostra storia

Dal 1921 ad oggi ...

Nell’alta valle del Chienti, lungo la via che conduce da Pieve Torina a Visso, in un comprensorio di alta collina privo di industrie e fondamentalmente legato alla pastorizia, ad una agricoltura modesta e ad un artigianato pressochè familiare, a Casavecchia, frazione del comune di Pieve Torina, il 26 giugno 1921, ventidue abitanti del luogo di diversa estrazione sociale, su iniziativa del parroco don Amedeo Gioggi, fondavano la Cassa Rurale di Prestiti e Risparmio “l’Agricola”.

Potrà sembrare insolito che la Cassa Rurale sia sorta nella frazione di Casavecchia anziché nel capoluogo, ma se si analizzano le motivazioni che resero necessaria la sua costituzione, quella scelta apparirà del tutto giustificata.

L’esigenza di fondare una Cooperativa di credito a Casavecchia va individuata attraverso lo studio della diversa struttura sociale esistente tra Pieve Torina capoluogo e la realtà socio-economica delle sue frazioni, specialmente quella di Casavecchia, la più estesa e la più popolata.

Mentre nel capoluogo vigeva una proprietà agraria poco frazionata  con una mezzadria molto estesa che dava origine ad una suddivisione verticale della società, a Casavecchia e nelle frazioni in genere era riscontrabile una suddivisione di tipo orizzontale con una pluralità di piccoli possidenti che coltivavano direttamente i loro campicelli.

Ora mentre il mezzadro riusciva ad ottenere credito da soggetti “esterni” in quanto non appartenenti alla propria classe sociale (generalmente il padrone del fondo), i contadini a Casavecchia dovevano necessariamente risolvere da soli i loro problemi, “all’interno” di una società monoclassista.

L’auto-aiuto e il sostegno reciproco sembrarono allora l’unico mezzo per abbandonare poco alla volta un’economia di pura sussistenza e combattere la dilagante piaga dell’usura che trovava terreno fertile nelle disagiate condizioni di vita in cui versava la gente delle campagne, specialmente quella delle aree povere periferiche.

Le Casse Rurali operanti in quegli anni nell’alto maceratese erano cinque: La Cassa Rurale e Prestiti di Ussita, la Cassa Rurale di Prestiti e Risparmio “l’Appennina” di Cesi di Serravalle del Chienti, la Cassa Rurale di Prestiti e Risparmio di Casavecchia di Pieve Torina, la Cassa Rurale di Pievebovigliana-Fiordimonte e la Cassa Rurale “Chientina” di Serravalle di Chienti, ma solo quella di Casavecchia seppe resistere alla pressione fascista  e alla contingente situazione economica (si ricordi la crisi del 1929), grazie anche ad una accurata e competente amministrazione che in altre Casse spesso venne a mancare.

Dei 22 soci fondatori 5 erano sacerdoti, 15 piccoli proprietari agricoli, un maestro elementare ed uno studente in farmacia. Non deve colpire la mancata presenza dei mezzadri giacché essa, comune a tutte le Casse, si evidenzia maggiormente in quelle che operarono nell’entroterra collinare e pedemontano dove più frazionati erano gli appezzamenti di terreno e la piccola proprietà era la forma prevalente di organizzazione agricola. Infatti i poderi più estesi si trovavano più a valle nei dintorni del capoluogo, dove la conduzione agraria era essenzialmente quella mezzadrile.

La durata della società veniva stabilita in 30 anni con possibilità di proroga e venivano anche nominate le cariche sociali del presidente, del vice presidente, del consiglio di amministrazione e del comitato dei sindaci.

Il Consiglio di Amministrazione era composto da un presidente e da un vice presidente che duravano in carica quattro anni e da cinque consiglieri che venivano rinnovati per metà ogni due anni.

Il primo presidente della Cassa fu Lebboroni Vittorio, piccolo proprietario terriero di Casavecchia, che restò in carica dal 1921 al 1944.

La Cassa Rurale di Prestiti e Risparmio “l’Agricola” di Casavecchia  ha una sua precisa radice cattolica ed anche se nello statuto non troviamo a carico degli amministratori appariscenti imposizioni come ad esempio la recita corale di determinate preghiere all’apertura ed alla chiusura dei lavori consiliari, o l’obbligo di far ricoprire le cariche sociali e gli incarichi di maggiore responsabilità a sacerdoti o laici di strettissima osservanza cattolica, tuttavia l’art. 4, nel fissare i criteri di appartenenza alla società, imponeva che potevano iscriversi a soci della Cassa “…soltanto le persone giuridicamente capaci che offrono garanzia di onestà e moralità individuale, ossequienti alla religione cattolica e alle istituzioni nazionali…” Certo fu che la Cassa, fin dall’inizio della sua attività, operò entro le linee sicure di un cattolicesimo sostanziale, alieno da ogni formalismo deteriore e aperto sempre ai bisogni e alle esigenze della popolazione, senza quelle preclusioni di gretto conservatorismo moralistico che ad altri Istituti avevano impedito la concessione di prestiti a persone, pur bisognose e solvibili, dell’area laicistica.

La Cassa progrediva non solo nelle attività ma ampliava anche il numero dei soci che raggiungeva al 31.12.1923 il numero di 60 iscritti pur nel rispetto di un rigido localismo. E’ ancora largamente prevalente il numero dei piccoli proprietari terrieri che rappresenta circa il 75% dell’intera compagine sociale e tale percentuale, sebbene destinata a scemare, resterà ancora su livelli elevati fino all’inizio degli anni ’70.

Il numero dei soci saliva  negli anni successivi raggiungendo gli 88 iscritti nel 1932 e i 102 iscritti nel 1937. Dopo tale data la pressione fascista si fa più incisiva sia  nei confronti dell’Ente che dei singoli iscritti tanto che il numero dei soci progressivamente diminuisce fino a raggiungere le 70 unità del 1945. 

Nel 1937 fu emanato il “Testo Unico  delle Leggi sulle Casse Rurali ed Artigiane” che per la prima volta disciplinava l’ordinamento di tali Istituti. Le modifiche più rilevanti riguardarono:

  • la variazione della denominazione sociale in “Cassa Rurale ed Artigiana di Casavecchia-Comune di Pieve Torina (MC);
  • l’adeguamento dell’art. 4 dello Statuto sociale ai disposti del nuovo Testo Unico. Tale variazione, sicuramente la più significativa, riguardava i requisiti necessari per entrare a far parte della società. Potevano assumere la qualità di soci le persone fisiche che erano agricoltori o artigiani che risiedevano nel comune oppure che vi operassero con carattere di continuità. Le altre categorie potevano essere ammesse purché il loro numero non fosse stato superiore ad un quinto della totalità dei soci. Non più quindi la Cassa dei residenti ma di una parte di essi; un localismo parziale e settario che di fatto escludeva una crescente parte della popolazione alla vita attiva della Cassa.

Dalla fine degli anni 30 a tutta la metà degli anni 40 ci fu un periodo di stagnazione economica in corrispondenza del conflitto mondiale che portò ad una limitatissima richiesta di denaro; nel 1945 gli effetti in portafoglio depositati presso la Cassa Rurale ammontavano a 6.095 lire, di appena 95 lire superiori a quelli esistenti nel 1922. Un cambiamento di tendenza si avvertirà solo alla fine degli anni 40 allorché tutta la nazione sarà investita da una nuova ondata di ottimismo che si concretizzerà nell’opera di ricostruzione nazionale. Il trend di crescita sarà costante negli anni successivi tanto che il presidente Ginesio Ricci nell’aprile del 1954, ai soci riuniti in assemblea così relazionava”…nonostante qualche voce diffamatoria che in buona o malafede qualche persona si premura di far circolare di tanto in tanto, la verità più palese è che l’Istituto ha saputo reggersi nei momenti più critici e va sempre più prosperando…”.

Dal 26 maggio al 27 giugno 1952 la Cassa Rurale ed Artigiana di Casavecchia riceveva la visita ispettiva della Banca D’Italia eseguita dal dott. Carlo Azeglio Ciampi, allora giovane ispettore in servizio presso la Filiale di Macerata che scalerà, successivamente, i vertici di Via Nazionale fino a diventare Governatore della Banca D’Italia e poi essere eletto Presidente della Repubblica Italiana.  Nel dicembre del 2003 il presidente di questa Banca, nella persona di Giulio Cervelli, unitamente ai presidenti delle Federazioni Regionali e di quella Nazionale, è stato ricevuto al Quirinale dal Presidente Ciampi e nel colloquio personale che gli fu riservato poté constatare che conservava ancora un ricordo nitido di quell’avvenimento verificatosi più di 50 anni orsono. In quella occasione fu consegnato al Presidente Ciampi una copia di quel verbale ispettivo da lui redatto nel lontano 1952, che mostrò di gradire particolarmente.

A partire dagli anni 60 il flusso migratorio che da sempre aveva interessato i comuni pedemontani, a Pieve Torina si accentuava portando come inevitabile conseguenza una diminuzione della popolazione comunale che dalle 2.044 unità del 1961 passava alle 1.869 del 1967. Interessate maggiormente a questo spopolamento erano le frazioni mentre il capoluogo rimaneva stazionario in quanto il flusso migratorio interessava il settore agricolo periferico. Parimenti il commercio e l’artigianato, settori intimamente legati alle vicende agricole, subirono una contrazione contribuendo a spopolare le frazioni.

Questo fenomeno nella vallata di Casavecchia non poteva non produrre ripercussioni negative anche nell’operatività della Cassa Rurale; dall’inizio degli anni 60 al 31 dicembre 1967 le attività della Cassa crescevano in maniera abbastanza limitata e l’utile di esercizio mostrava una preoccupante flessione se si considera non solo il significato numerico ma anche il reale potere di acquisto tenuto conto della svalutazione monetaria. Si ravvisava, pertanto, la necessita di trasferire la Cassa da Casavecchia a Pieve Torina nella convinzione che ormai solo il suo insediamento in un comprensorio più ricco di opportunità di sviluppo avrebbe potuta farla progredire. Pertanto in data 26 novembre 1967 i soci della Cassa provvedevano alla modifica dell’art. 1 dello statuto che ora così recitava: “ La Cooperativa ha sede in Pieve Torina ed esercita la propria attività nel territorio del comune di Pieve Torina, ma l’Assemblea potrà deliberare che sia richiesta l’autorizzazione ai sensi di legge ad operare in uno o più comuni limitrofi”.

L’anno successivo, nel giugno del 1968, la Cassa Rurale di Casavecchia, ora con sede a Pieve Torina, apriva il proprio sportello nel capoluogo in via Roma, 22.

La data del 1968 segna la fine di un’era segnata da stenti e difficoltà e ne apriva un’altra che proiettava definitivamente la Cassa verso quel progresso che tutti i soci auspicavano. Da allora essa conobbe uno sviluppo costante raccogliendo un consenso crescente presso le comunità locali dove si andava sempre più radicando tanto da divenire punto di riferimento  e volano di crescita economica e sociale sia per le famiglie che per le piccole e medie imprese operanti in un territorio povero di risorse ma ricco di valori e di tradizioni.

In data 11 aprile 1981 veniva convocata  l’Assemblea straordinaria dei soci chiamata ad apportare sostanziali modifiche allo statuto sociale. In particolare si approvava la trasformazione della società da cooperativa a responsabilità illimitata a limitata. Ciò comportava una responsabilità più consapevole dei soci verso la Cassa, che ora rispondevano fino ad una somma pari a 10 volte il valore nominale delle azioni sottoscritte, ma sicuramente impegnò l’Istituto in un continuo sforzo di rafforzamento patrimoniale.

La Cassa progrediva con le proprie attività ed il 1° agosto 1992  rafforzava la sua presenza nel territorio camerte aprendo a Camerino, in via Leopardi 52 una propria filiale. Si ampliavano le opportunità operative acquisendo l’autorizzazione ad operare anche nei comuni di Pioraco, Sefro, Fiastra, Serrapetrona, Castelraimondo e Caldarola, prima esclusi dall’area di competenza territoriale della Cassa ed ora in grado di offrire nuova linfa sia per un ampliamento della compagine sociale che per un aumento delle operazioni bancarie.

Altro avvenimento da ricordare è l’Assemblea straordinaria dei soci del 27 febbraio 1994 chiamata a modificare l’art 1 dello Statuto Sociale variando la denominazione sociale da “Cassa Rurale ed Artigiana di Casavecchia” a “Banca di Credito Cooperativo di Casavecchia”.

Il Consiglio di Amministrazione della Banca, preso atto del progressivo restringimento degli ambiti operativi, dovuto principalmente alla continua proliferazione di sportelli bancari di altri Istituti nel proprio territorio di competenza e ritenendo prioritario crearne di nuovi, deliberava di aprire una nuova filiale a Caldarola che divenne operativa nell’aprile del 1997.

Questa politica di sviluppo e di ampliamento degli ambiti operativi proseguì costantemente tanto che nel 2002 venne aperta la filiale di Castelraimondo che permise alla Banca di acquisire l’operatività nel comune di Gagliole, Matelica e San Severino Marche.

L’Assemblea generale dei soci tenutasi a Pieve Torina in data 8 maggio 2005 convenne che l’espansione territoriale messa in atto  fosse accompagnata anche da una maggiore visibilità  ed una maggiore identificazione della BCC con il territorio di operatività. Ritenne che la località di Casavecchia , da sola, non fosse più in grado di identificare adeguatamente la Banca nelle specifiche aree di mercato dove già operava e dove in futuro sarebbe andata ad operare. Deliberò, dunque, la variazione della denominazione sociale da “Banca di Credito Cooperativo di Casavecchia S.C.R.L.” a “ Banca dei Sibillini – Credito Cooperativo di Casavecchia S.C.”  Il riferimento specifico ai Monti Sibillini  è motivato dal fatto che il comune di Pieve Torina e molti comuni di operatività della Banca ricadono nell’ambito del parco Nazionale dei Monti Sibillini. Inoltre anche per i comuni limitrofi i Monti Sibillini rappresentano parte integrante del loro patrimonio paesaggistico e fonte di aspettativa per un incremento dell’attività turistica e delle relative attività economiche. Consapevoli però che non può esserci futuro se si perde la memoria storica del passato, l’Assemblea dei soci ha voluto conservare nella denominazione sociale il riferimento specifico a Casavecchia non solo come mera gratitudine e riconoscenza verso i soci fondatori e quanti si prodigarono per favorirne la crescita e lo sviluppo, per altro in un periodo storico particolarmente avverso, quanto, piuttosto, come piena condivisione di quei valori che ne ispirarono la sua costituzione e che costituiscono, ancora oggi, il fondamento di ogni nostro agire.

Atto costitutivo della Banca dei Sibillini